martedì 13 agosto 2013

Buon ferragosto, ragazze e ragazzi


 

Voi siete la speranza del mondo

Non è mia abitudine auto citarmi. Anzi, per essere più esatti, credo di non averlo fatto mai.  Questo, sia per senso della propria misura, come per inclinazione personale.
Questa volta, tuttavia, ho ritenuto di voler fare una eccezione. E  adesso provo a spiegare il perché ed il come.        

La mia esistenza personale ha fatto anche esperienza della pubblicazione di un libricino che racchiudeva una mia serie di riflessioni che erano intese dedicata soprattutto ai giovani e  giovanissimi. Si titola “Come Sarete” e sottotitola anche “messaggi da una generazione dell’altro millennio”. Di che trattava?
Lo indico in modo super conciso utilizzando la medesima sintesi di contenuti che ne propone la stessa copertina:
< Quale avvenire si sta preparando per i cittadini di domani?
Quali valori potranno scegliere le nuove generazioni a fondamento di una realtà sociale più giusta?
Potremo superare le difficoltà di oggi recuperando la capacità di essere popolo e guardando avanti tutti assieme?>
Il tutto veniva editato nel luglio 2011 dal GruppoEdicom editore.

Perché il richiamo a questa piccola esperienza di porre su fogli di carta editati in libro delle personali riflessioni che avevano preso forma di appunti negli anni precedenti?

Perché quei pensieri personali scritti prendevano le mosse dal profondo cambio d’epoca che già si intravedeva in quegli anni trascorsi; e nella sua seconda parte, diciamo così economico sociale, poneva sotto osservazione i profondi cambiamenti che erano interventi nelle nostre società moderne. 
Ma poneva anche alla riflessione il forte rischio che ci si potesse incamminare in una profonda involuzione di tutto quello che fa condivisa una comunità di popolo e nazione. Poneva all’attenzione il concretissimo rischio, che già si intravedeva, che la nostra crisi finanziaria planetaria innescatesi nel 2007 negli Usa, potesse venire utilizzata anche per scardinare i presupposti stessi dello Stato moderno costituzionale; e che restano, lavoro, equità, condivisione, diritti irrinunciabili di donna e di ragazze e ragazzi
E ci soffermava anche a temere che, quella crisi iniziatesi negli Usa nei modi che oggi oramai sappiamo abbastanza bene, e che era stata soprattutto una crisi di povertà di massa di larga parte di popolazione americana poi divenuta conseguentemente crisi finanziaria di debitori scopertisi insolventi come già nel 1929, anche adesso rischiava di avere una ricaduta successiva pesantissima proprio in Europa mentre si attenuava in Usa. 

Ecco, ci siamo alla ragione di questa auto citazione; la sopravvenuta constatazione – oggi –del concretizzarsi di quelli che allora potevano apparire ancora soltanto dei timori. La consapevolezza, oggi, che la Italia in specie, avrebbe potuto trovarsi a conoscere, per quelle medesime ragioni, una pesantissima crisi economico sociale capace di metterne in crisi profonda l’equità stessa e la condivisione.

Per farla breve, il libro nato dedicato ai giovani, e che si dipana come una conversazione piana e quieta di un loro nonno, su di tutto con essi, si conclude sollecitando proprio i giovani a farsi portatori del rilancio e del pieno recupero di una società equa e laboriosa e meritevole di venir vissuta da essi per primi. A difendersi anche loro il futuro.
E oggi?


Se dovessi ricimentarmi a scrivere di nuovo su quei medesimi argomenti e con quei medesimi destinatari – i giovani – mi sono trovato a dover scoprire che non avrei cambiato niente. Perché quel piccolo modesto testo senza pretese di insegnare niente, sorto dall’osservazione dell’allora presente, oggi, nell’attuale di presente, ci calza tuttora come un guanto sia nelle ragioni che nelle temute conseguenze.
Cioè, in pratica, quel che motivava le riflessioni  di allora, oggi, quantomeno in Italia, appare del tutto attuale e pertinente.

E allora?

Allora, proprio questa confermata attualità di quei grandi fatti osservati, mi ha condotto a voler dedicare questo scritto intanto ai nostri ragazzi e ragazze italiane di oggi. E con essi, anche alle ragazze e ragazze del mondo, cioè ovunque ci sia bisogno di ritrovare, come c’è bisogno oggi in Italia, un sogno equo e condiviso di speranza.

Tutto qui.

Ed è per questa ragione che dedico ai ragazzi e ragazze italiane, e del mondo, il capitoletto di chiusura già del libro.



Da COME SARETE - messaggi da una generazione dell’altro millennio, edito da GruppoEdicom.

(….) pag. 210

LA “CHIAMATA ALLE ARMI” DELLA VOSTRA GENERAZIONE


Abbiamo posto alcune cose, magari alla rinfusa, proprio come ci venivano innanzi nella nostra conversazione: l’ho iniziata solo augurandomi di suscitare una più ampia riflessione vostra. Tocca a voi agire, adesso, come meglio crederete: voi siete la forza e la speranza del mondo, non ve ne lasciate privare. Ve lo disse anche Wojtyla, il Santo padre. Se tuttavia posso farvi un augurio ulteriore – in questa grave prova che ci attende – qualunque cosa vogliate testimoniare o modificare, fatelo sempre, ovunque, implacabilmente solo con la non violenza.

Non è un invito alle buone maniere. Sarebbe ancora poco se pure servisse; è invece un invito a segnalarvi lo strumento più potente che da sempre ci sia per modificare, cambiare, evolvere, soprattutto collettivamente. Lì per lì non si direbbe, perché spesso i non violenti sembrano soccombere. Tuttavia, già nel breve periodo, anche il potere più ottuso si smarrisce, si sfalda a poco a poco senza qualcuno che ne ricambi la violenza, come legittimandone la propria. Auspici di un anziano che ama la quiete? Vi sbagliereste proprio a crederlo. Questo auspicio di amico vi segnala, invece, il mezzo più potente di cambiamento. Così ci indica la storia, con esempi reali; un unico filo comune unisce alcuni avvenimenti, pur tanto diversi in luoghi e tempi, tra quelli che cambiano il mondo e anche singole nazioni: la illimitata non violenza di chi vince.

I primi cristiani, così forti solo del loro sogno inerme da stremare le belve, i persecutori, un potere ferreo del tempo. Come finì? Roma è oggi uno splendido sito archeologico di quei tempi lontani: la Croce svetta sopra i suoi colli con i propri valori, tuttora proposti per tutti.

L’India, perla dell’impero britannico, ancora poco più di cinquant’anni fa: un uomo propone a un intero popolo, ricco di una civiltà millenaria ma finito in quel momento tra i servi,  la strada del riscatto e della libertà. Non violenza: la scelta vincente che si impone come l’unico strumento di realizzazione del sogno, dinanzi ad un impero potente. Era l’India intera, memore del giuramento con Gandhi; che avanzava in quell’unico modo, che condivideva pienamente, verso il suo sogno, nella più assoluta non violenza. Oggi l’India è da tempo tornata un popolo immenso indipendente e libero, la più popolosa democrazia del mondo, addirittura, una delle “locomotive”  dell’economia attuale moderna. L’Inghilterra si è ritirata da tempo dall’India: ha perso la “perla” non sua. Per inciso, in quella perla tornata legittimamente agli indiani, oggi, una donna italiana ha unito il suo sangue e il suo amore a un nome civilmente importante tuttora per l’India: Gandhi. Noi italiani siamo così ora come gemellati nell’amore con l’India.

Stati Uniti: il suo popolo di colore lancia con Martin Luther  King la sfida definitiva alla discriminazione razziale. Il privilegio razzista ringhia, resiste per anni, contrattacca con cattiveria, ma le schiere del pastore King, sotto la bandiera incessante della non violenza non arretrano dal loro sogno: oggi gli Stati Uniti hanno Obama presidente.

Polonia del secolo scorso, ma soltanto pochi decenni fa: un impero continentale ancora forte si trova dinanzi a un popolo che vuole tornare indipendente, protagonista della propria storia. Un intero popolo che per questo sogno si raccoglie inerme dietro una Croce, simbolo eterno di non violenza invincibile. L’impero prima resiste, poi barcolla, inizia a sfaldarsi; oggi quell’impero non c’è più, dissolto nel nulla. La Polonia, con quella sua gente non violenta, è insieme a noi entro la comune Unione Europea e alza, nel 2009, anche sopra l’economia la sua piccola croce (+) preziosa per tutto il suo popolo.

Che ne dite? Non immaginavate nemmeno voi quale arma potente sia in ogni tempo la non violenza, messa al servizio dei sogni migliori di interi popoli! Non sono parole, è la storia: in fondo, rimane la storia del mondo migliore, quello che dura anche nei propri successi collettivi.

Naturalmente, a voi, non violenti anche per scelta individuale, la prova non era necessaria. Casomai, siate piuttosto sempre estremamente guardinghi e vigili anche verso la violenza, che, a volte, così spesso cercano di infiltrare dentro la non violenza degli altri. Perché contro la non violenza, senza smagliature e ripensamenti, nessun disegno ingiusto ha mai vinto: pare quasi che Iddio stesso la guidi per mano, anche nelle testimonianze e nei dissensi più giusti.

Non opponete mai la foza alla forza: vincerebbe da sempre il potere egoista. Lo dicono Gesù, e con lui anche Gandhi, King, Valesa con le loro genti. Ricordatelo, non cadete mai in trappola coi vostri valori: a usare la forza si perde. La forza è dei poteri non giusti. La non violenza è la forza dei sogni più giusti, di tutti: fatene la bandiera del vostro stesso aiuto solidale alla nostra nazione. Sarete vincenti.

Guardate noi più anziani, quelli della mia generazione: siamo scivolati tra un riformismo che si è poi smarrito e uno spirito di rivolta che ha solo ucciso Aldo Moro ed altri innocenti; ma non abbiamo certo vinto, se ora parliamo di tutte queste cose tra noi. Farete certamente meglio voi sotto la bandiera di una inflessibile non violenza, o perderete anche voi.

Vorrei concedermi ancora un piccolissimo racconto di altri tempi; ma i tempi, grazie a Dio oggi meno tragici, alla fine, come significati e valori risultano sempre gli stessi. Mio padre, dovete sapere, oggi scomparso, nacque esattamente nell’anno 1900: dunque, quando gli italiani in armi furono travolti a Caporetto, e dinanzi ai nemici di allora si aprivano così le porte dell’Italia intera, non aveva neanche diciotto anni. L’Italia, in quel suo momento di panico e di rischio estremo per la sua stessa esistenza, fece quello che sempre avviene quando ogni nazione si vede perduta e tenta di organizzare la propria “Stalingrado” di resistenza e contrattacco: chiede aiuto ai suoi giovani. L’Italia, allora purtroppo in guerra, ma almeno con gli alleati giusti, fece la stessa cosa. Chiamò alle armi, cioè al fronte, le sue giovanissime leve: i diciottenni e i diciassettenni. Buttò cioè le sue forze migliori, i suoi giovani di allora, sul braciere del fronte. Mio padre, che non era fisicamente un gigante, mi raccontava di quel suo primo imbarco verso la Sardegna, dove, giovanissimo aviere diciassettenne, doveva concorrere a presidiare una postazione. Mi diceva che, sotto uno zaino più grande di lui, fece l’intera traversata sul ponte della nave piangendo; lui, giovanissimo uomo, si sentiva perso, e credeva di non rivedere più la propria madre. Poi, si era fatto coraggio e aveva fatto il suo dovere insieme a tanti altri coetanei. Tra l’altro, persino da anziano, mio padre ancora onorava e ringraziava la fraterna ospitalità dei Sardi che, alla condizione unica di venire rispettati, si rivelarono fratelli a quei ragazzi in armi. Quelli della generazione di mio padre, gli allora diciottenne e diciassettenni italiani, vinsero la loro “Stalingrado”, decisiva per la nazione intera. Regalarono all’Italia, anche se a prezzo di enormi sacrifici e tanti morti, Vittorio Veneto, e poterono proclamare che le armate nemiche, che erano discese prima vittoriose, adesso ripiegavano in rotta, sconfitte, risalendo le stesse valli che prima avevano disceso da invasori.

Perchè ve lo racconto? Perché quei tanti giovani italiani di allora, insieme a tanti adulti, avevano recato un contributo decisivo, anche per le loro stesse vite, alla salvezza di un’intera nazione che si era vista persa, e che adesso si vedeva, proprio dai suoi giovanissimi, lanciata verso la vittoria con la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Eppure, quell’Italia più adulta di allora, che si era salvata proprio grazie ai suoi giovanissimi, a vittoria conseguita e unità nazionale completata, si comportò verso i suoi ragazzi e ragazze sostanzialmente, credo, come gli imperi che sconfissero Napoleone e come la finanza attuale deragliata. Scampato il pericolo, riportarono tutto come prima: anche da qui nacque molto del disincanto dei giovani, così rovinoso per l’Italia. Dopo aver ottenuto a caro prezzo l’aiuto delle nuove generazioni, la società li rispedì, come niente fosse, in uno Stato penoso.

Anche conversando tra di noi ormai da tempo, spesso vi ho segnalato, senza neanche tanti giri di parole, che l’Italia oggi ha un bisogno vitale che i propri giovani si gettino nella battaglia della ripresa del Paese. Il Paese di noi anziani, nell’insieme, appare aver ceduto a Caporetto, e non da oggi. Lo scoramento, che è il male peggiore tra i mali, traspare come in una guerra già temuta persa; voi siete, se lo vorrete, la pacifica Vittorio Veneto di oggi del successo e progresso italiano, o non ci sarà, temo, alcuna Vittorio Veneto. Ma noi, più adulti, non possiamo anche oggi fare come allora. Chiedervi aiuto e poi ignorarvi.

Allora sognerei che lo Stato, ricorrendone le condizioni, scali una seconda volta la soglia della maggiore età, anche nel voto. Sedici, se non quindici anni: come a dire, ci battiamo insieme per il comune successo, vinceremo di sicuro insieme anche oggi; venite anche voi al “posto” di comando…. Vi auguro di cuore che accada, se il nostro Paese non abbia perso la speranza. Se poi qualcuno vi dovesse dire che è una follia, vi suggerirei due garbate osservazioni: tanto per cominciare, c’è qualcosa ancora che rischi di guastarsi, nel sociale come nell’economia? Su questo, indubbiamente, voi adulti e non solo italiani siete più che autosufficienti….. 

L’altra, pur se tanto diversa, è speculare: non so se ho visto solo io recentissime trasmissioni televisive musicali, con giovanissimi concorrenti. Ebbene, sapete cosa mi ha più colpito, oltre alla bravura, in quelle esibizioni di fanciulli e fanciulle? Il timbro. Si, il timbro della voce, a tredici, quattordici anni. Non sono bravi quanto i grandi….sono grandi, Nel senso di maturi biologicamente. L’età biologica matura è scivolata giù, giù, in questi anni. Forse anche più giù di dove si pensasse. Certo, per i vostri genitori e nonni, sarete sempre i nostri cucciolotti e cucciolotte, anche a quarant’anni. Ma questo, sul piano del cuore e dell’affetto, ci sta tutto: è amore; ma lo Stato, nostro e non solo, che fa, vi tiene sulle ginocchia con un sonaglio? Allora, credo, non inventeremmo niente, chiamandovi a pensare tutti insieme il futuro di democrazia allargato anche alle nuove età, scalate ulteriormente: prenderemmo semplicemente atto di qualcosa già accaduto, e causato, in larghissima parte proprio da noi adulti. Non ce l’avete infatti mica chiesto, nascendo, di sforbiciarvi drasticamente l’infanzia: adesso, forse, è ora che ne prendiamo atto.

Dunque, non solo accoglienza effettiva di quel che già esiste e a cui si chiede aiuto in una comune emergenza. Ma che scossone ne verrebbe a tanti seggioloni e chiacchiericci inconcludenti! Accadde anche con noi, allora diciottenni: entrò nella società la primavera, entrò il sole….Chi vi dice che furono solo danni, temo non riesca ancora a rassegnarsi che sia capitato. A presto, insieme a tutti voi: ve lo auguro di cuore, non solo nel vostro ma anche nel nostro interesse di adulti. A nessuno infatti, si può solo chiedere: non tiene, non funziona, non è leale. La partita che inizia, credo, è il futuro del nostro paese, è il vostro futuro. Noi, più anziani, proveremo ad aiutarvi e guardarvi sempre con affetto ed incoraggiamento.

Ma se, intanto, magari nell’immediato, alcuni di noi crolleranno – perché purtroppo spesso accade, e può ancora accadere, almeno finché non si manifesti una possente virata – non vi fermate. Se vi fermate, anche solo per confortare chi di noi stia cadendo, siete perduti anche voi. Avanzate comunque e sempre, pacificamente, caparbiamente, insieme agli adulti supersiti, e che saranno comunque sempre tanti, come in una schiera di bisonti, durante la tormenta, i più adulti formano una barriera per le cucciolate. Sappiate che tutti, anziani mancanti e supersiti, vi abbiamo voluto e vi vorremo sempre bene; e sappiate che la mandria dei bisonti, quando compete anche con la natura più avversa, arriva sempre alle distese erbose della primavera.

E vi vorrei consegnare una frase che ho trovato il 21 aprile 2008 nella prima pagina del “Corriere della Sera”, a conclusione di un intervento di Francesco Alberoni nel suo spazio “Pubblico&Privato”. L’intervento meriterebbe di essere interamente riportato, ma mi astengo dal farlo, anche perché il mio umilissimo incoraggiamento è quello di proporvi di leggere la stampa in prima persona, esercitando il vostro personale giudizio. Consapevoli che anche qui è assai spesso possibile incontrare le miniere a cielo aperto della cultura, dell’intelligenza e dell’eccellenza italiane.

“E ogni nazione sopravvive solo se sa trovare in sé la solidarietà ed il coraggio di difendere le sue attività, il suo popolo e i suoi valori. Se si ricorda che non sono in vendita.”

In bocca al lupo, ragazzi e ragazze, ce la si può fare. Che Iddio protegga voi e la nostra gente italiana in questa dura contingenza comune, ma che supereremo, come già altre volte, insieme.

Affettuosamente, dal 1947.


Citazione da COME SARETE, di staffaroni mario, edito da GRUPPOEDICOM




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